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Per chi suona la campanella

per chi suona la campanella

È un rito. E come tutti i riti rischia di essere ripetitivo e scontato.

Invece un anno scolastico che inizia è quanto di più nuovo si possa immaginare. Nuovo anzitutto per i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze che al suono della fatidica campanella, entrano nelle aule e affrontano l’avventura della conoscenza. Loro per primi e per prime, loro i protagonisti di questo anno che comincia. Generazione dopo generazione, classe dopo classe, ora dopo ora.

Gli anni del COVID sono una eredità che pesa, hanno messo in luce quanto è importante per chi cresce la relazione educativa. La DAD (didattica a distanza) ha assicurato la trasmissione delle conoscenze ed è stata anche uno stimolo a svecchiare l’approccio, gli strumenti, le modalità. Ma ha anche causato nei ragazzi e nelle ragazze un disagio da isolamento di cui molti pagano ancora le conseguenze.

Il nostro servizio come ACLI di ROMA nelle scuole, e la nostra esperienza di vita accanto ai soggetti in crescita ci hanno fatto toccare con mano i molteplici aspetti della povertà educativa: dal cyberbullismo, all’abbandono scolastico, dal rischio dell’esclusione dei più fragili, alle difficoltà di una reale integrazione.

Vale soprattutto per le aree periferiche della nostra città, nelle quali la carenza dei servizi e dei luoghi di aggregazione fa della scuola e delle scuole spesso l’unica presenza e l’unica speranza di futuro.

Ma la povertà educativa non coinvolge solo l’aspetto economico e sociale: riguarda anche la difficoltà delle famiglie a dialogare con i figli, a entrare nel loro mondo di affetti, angosce, emozioni. Indipendentemente dalla collocazione socio-culturale e dalle stesse risorse materiali disponibili.

Uno dei rischi su cui proprio in questi giorni molti esperti e operatori della scuola (docenti, dirigenti, formatori) insistono è rappresentato da un’assenza di dialogo tra le famiglie e le istituzioni, e con chi le rappresenta, che sfocia in una sorta di invadenza che trasforma i genitori in “sindacalisti” dei figli.

Genitori troppo ansiosi dei risultati e delle prestazioni, del giudizio e dei voti, non consentono ai ragazzi di correre l’avventura della conoscenza con coraggio e fiducia. Soprattutto con la serena consapevolezza che l’errore fa parte del percorso di formazione e che è proprio vero: sbagliando si impara!

Il mandato formativo della scuola deve agire in sinergia con il compito educativo della  famiglia, solo così si realizza quella comunità educante – della quale fanno parte anche i soggetti della società civile- che assicura la ricchezza e la generatività del cammino di apprendimento. La scuola e la vita debbono essere in costante osmosi di intenti: le famiglie e gli insegnanti, fino a chi ricopre ruoli dirigenziali, debbono stringere un nuovo patto educativo che accompagni ragazzi e ragazze nel processo di crescita. Che ha le sue turbolenze, i suoi ostacoli, le sue fragilità.

Si parla in questi giorni di ius scholae, cioè di riconoscere nella scuola un veicolo di cittadinanza piena e compiuta. E’ un tema fondamentale, come quello che vuole assicurare un più stretto rapporto tra scuola e lavoro.

Si parla anche di inserire l’educazione civica tra le materie di studio da valutare.

Sono tutti richiami utili a mettere i riflettori sulla scuola, ma al contempo esiste il rischio di una loro strumentalizzazione ideologica e di subordinazione a logiche di consenso politico, che oscurano la centralità della persona e del soggetto in crescita. Bisogna riconoscere il protagonismo dei ragazzi e delle ragazze, insieme alla necessità che il mondo adulto li accompagni e li sostenga, con fiducia nelle loro potenzialità, ma anche senza confusione di ruoli e funzioni. Chi cresce ha bisogno di chi è già….cresciuto, senza aver dimenticato la fatica che questo cammino comporta.

Auguro ai ragazzi e alle ragazze di correre l’avventura della conoscenza con entusiasmo e curiosità, e di affrontare il nuovo anno senza superficialità e senza paura. E auguro agli insegnanti di trasmettere, insieme alla conoscenza, l’amore per lo ‘STUDIO’ che vuol dire, in latino, appunto amore e passione.

Voglio chiudere con le parole di un grande maestro e educatore, Gianni Rodari.

“Al bambino non possiamo consegnare l’Oceano, un secchiello alla volta. Però gli possiamo insegnare a nuotare nell’Oceano e andrà fin dove le sue forze lo porteranno, poi inventerà una barca e navigherà con la barca, poi con la nave…”

Buon anno scolastico!