I nuovi poveri nella fase post emergenza sanitaria. Questo il focus dell’articolo di InTerris che riporta l’intervista alla presidente delle ACLI di Roma Lidia Borzì.
Borzì: “ci arrivano molte richieste di aiuto da persone e nuclei che finora erano sempre riusciti ad affrontare da soli le difficoltà“
Gli effetti devastanti del Covid hanno reso vulnerabile una nuova categoria di persone, fino ad oggi fuori dai radar dell’aiuto tradizionale e istituzionale. Con drammatiche disparità tra le regioni, come rilevato ieri anche dal Rapporto Osservasalute. In Italia un milione di persone non riesce più a provvedere agli acquisti di cibo e beni di prima necessità. Si tratta di famiglie numerose, anziani soli, giovani precari, lavoratori di settori gravemente penalizzati dalla crisi. Centinaia di migliaia di “impoveriti dalla pandemia” si sono rivolti per la prima volta alle mense assistenziali, così come sono aumentati del 30% (fonte Affide) gli italiani che si sono messi in fila al Monte dei Pegni per ottenere liquidità vincolando oro, gioielli e altri valori che avevano in casa. Un fenomeno che riguarda fasce sociali che mai prima della pandemia avevano chiesto aiuto a strutture caritative.
Ausilio
Per questo, sottolinea Borzì, “abbiamo messo in piedi un centralino di segretariato sociale al quale arrivano in continuazione richieste di ausilio da parte di fasce sociali che finora erano sempre riuscite a cavarsela da sole”. In due mesi di lockdown sono raddoppiati gli utenti dei Centri di ascolto e dei servizi delle 218 Caritas diocesane rispetto al periodo pre-emergenza. Dalla Comunità di Sant’Egidio a Pane Quotidiano, tutti gli enti benefici registrano le novità negli interventi e l’impatto del Covid-19 sulla creazione di nuove categorie di poveri.
“Tra loro ci sono molti lavoratori abusivi e in nero: si tratta di centinaia di migliaia di situazioni di lavoro “cattivo”, cioè non regolamentato. Sono stati i primi a subire le conseguenze del lockdown e gli iniziali provvedimenti di sostegno del governo non li ha intercettati perché ufficialmente loro non esistono, sono dei “sans papiers” e come tali non hanno accesso ad alcuna forma di aiuto pubblico”, evidenzia a Interris.it il sociologo Francesco Belletti docente di Politica sociale e Sociologia della famiglia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e direttore del Cisf (Centro internazionale studi famiglia).
E’ cresciuta la richiesta di beni di prima necessità, cibo, viveri e pasti a domicilio, empori solidali, mense, vestiario, ma anche la domanda di aiuti economici per il pagamento delle bollette, degli affitti e delle spese per la gestione della casa. Nei centri Caritas è aumentato anche il bisogno di ascolto, sostegno psicologico, di compagnia e di orientamento per le pratiche burocratiche legate alle misure di sostegno e di lavoro.
Reddito universale
“Solo ora si inizia a parlare di reddito universale e di copertura a prescindere dal lavoro svolto– sostiene il professor Belletti-. Finora le misure varate dall’esecutivo hanno riguardato solo la cassa integrazione e le partite Iva. Invece chi è fuori dal recinto del lavoro regolamentato, non ha avuto niente pur essendo la fascia sociale più colpita dagli effetti della pandemia”. Di fronte al mutare dei bisogni e delle richieste, sono cambiati anche servizi e interventi. Nei servizi di ascolto e accompagnamento vi sono stati in lockdown oltre 30 mila contatti telefonici registrati o anche in presenza negli ospedali e nelle Rsa.
Sono stati avviati supporti psicologici e iniziative di aiuto alle famiglie per smart working e didattica a distanza; gli interventi a sostegno delle piccole imprese, la fornitura di dispositivi di protezione individuale e di igienizzanti a 350 mila persone. Tra i servizi Caritas già presenti e potenziati, la fornitura di pasti da asporto e consegne a domicilio a 60 mila persone, le attività di sostegno per nomadi, giostrai e circensi costretti alla stanzialità. l’accompagnamento all’esperienza del lutto. Le Caritas hanno acquistato farmaci e prodotti sanitari; sono state rimodulate, trasformandole da centri diurni e centri di accoglienza, più di 64 strutture per oltre 1.200 posti in 42 diocesi per l’accoglienza aggiuntiva di persone senza dimora, oltre all’ospitalità residenziale ordinaria.
Sopravvivenza
“C’è un’Italia che sopravviveva di lavoro in nero e sommerso: centinaia di migliaia di lavoratori dietro ai quali ci sono altrettante famiglie attaccate con le unghie e con i denti a piccole opportunità.- spiega Belletti. Sono i primi che in due mesi di pandemia hanno riempito le mense della Caritas e i centri di ascolto delle realtà di solidarietà mai così mobilitate come durante il lockdown. Sono persone che finora erano sempre riuscite ad affrontare da soli le difficoltà e che, prima della chiusura per pandemia, riuscivano in qualche modo a restare in linea di galleggiamento senza dover ricorre al sostegno di strutture assistenziali”.
Nel 60% delle Caritas sono aumentati i volontari under 34, impegnati nelle attività e nei servizi, che hanno consentito di far fronte al calo degli over 65 rimasti inattivi per motivi precauzionali. Belletti richiama l’attenzione su “un’area di notevole fragilità, molto estesa ma poco conosciuta: sono persone e famiglie che vivono di lavoro nero, senza protezioni, in una condizione di totale precarietà lavorativa e di strutturale insicurezza esistenziale. Sono gli invisibili che fanno fatica a rappresentarsi e a trovare un portavoce delle loro istanze”.
Manager della solidarietà
Sos nuclei indigenti
“Ci sono diecimila famiglie romane che non hanno ricevuto il bonus spesa e vivono, nella maggior parte, nelle periferie. In un paese normale le istituzioni dovrebbero dare spiegazioni. Dal Campidoglio invece è partito il solito balletto dello scarico di responsabilità. A sentire la sindaca Virginia Raggi è sempre colpa degli altri”, avverte il senatore Maurizio Gasparri, commissario di Forza Italia per Roma Capitale.
“Ormai i romani conoscono a memoria il mantra grillino recitato puntualmente dalla sindaca. Il fatto è che quei fondi sono destinati per l’acquisto di generi alimentari e farmaci e, chi li attende da mesi, è ancora in attesa dell’assegno della cassa integrazione- prosegue Gasparri- Insomma, quel bonus serve per sopravvivere, perciò ricordiamo alla sindaca e alla sua maggioranza che il nuovo livello di povertà sta conducendo le famiglie nella morsa degli usurai. E qualsiasi ritardo o mancato controllo delle procedure, risulta essere un’inefficienza che fa dilagare il malaffare e la disperazione. Finora abbiamo sentito solo proclami, promesse puntualmente non mantenute e tante chiacchiere. C’è chi fa fatica a resistere, e non può più attendere. Occorre fare in fretta per riparare i danni prodotti dall’ amministrazione. Per questo c’è bisogno di menti capaci. La Raggi si faccia da parte, compia almeno questo gesto di rispetto verso la città”.
In povertà assoluta
“La quota di famiglie in povertà assoluta rischia di aumentare ulteriormente a seguito degli impatti dell’emergenza sanitaria“, puntualizza Banca d’Italia, spiegando che “accanto a quello economico persistono ampi divari in ambito sociale e ambientale non colmati negli ultimi 10 anni“. Dal punto di vista finanziario le famiglie siciliane, però, sembrano essere più resistenti alla congiuntura sfavorevole rispetto ai precedenti episodi di crisi.
Attesta il rapporto Bankitalia: “Alla fine del primo trimestre del 2020 i depositi bancari, che rappresentano la parte prevalente del risparmio sono ancora cresciuti, mentre si è registrato un forte calo del valore dei titoli a custodia detenuti dai risparmiatori, per le tensioni sui mercati innescate dal diffondersi della pandemia. La vulnerabilità finanziaria delle famiglie, misurata dal rapporto tra debiti e reddito disponibile, si è ridotta nell’ultimo decennio, portandosi su livelli inferiori a quelli medi nazionali”.