Di Lidia Borzì
“C’è del buono in questo mondo, ed è giusto combattere per questo”, dice Sam a Frodo nel celebre libro “Il Signore degli anelli” di J.R.R. Tolkien. La frase mi è tornata in mente spesso negli ultimi tempi.
C’è del buono – pur nella drammaticità dei fatti – anche nel nostro Paese e nella nostra amata città.
Un buono che ha il volto de tanti volontari e forze dell’ordine impegnate ben oltre “il proprio dovere” nel centro Italia colpito dal terremoto prima e dalla tragedia dell’hotel di Rigopiano poi.
Un buono che ha il volto dei nostri volontari impegnati al fianco della Croce Rossa e anche del Municipio Roma I Centro per contrastare l’emergenza freddo e assicurare un pasto caldo a colazione e a cena a tanti senza fissa dimora ospitati nei presidi di accoglienza temporanea a Via Ramazzini e a Via della Penitenza a Trastevere.
C’è del buono nelle emozioni forti provate dai nostri ragazzi di Servizio Civile, che forse nemmeno si aspettavano di fare un’esperienza sul campo così toccante e c’è del buono anche nel volto di tutti gli altri volontari, a cominciare da quelli di Croce Rossa, della Caritas di Roma o di altre numerose organizzazioni, di giorno impegnati ciascuno nel proprio lavoro ordinario, mentre la sera o la notte dedicano il tempo del proprio riposo al Servizio.
A loro , quindi, va un grande ringraziamento, a nome mio personale e di tutte le ACLI di Roma.
Il buono ha anche il gusto e il sapore dei pasti, che portiamo nei presidi, preparati ogni giorno da alcuni ristoratori amici delle ACLI di Roma, che, nel rispetto delle esigenze alimentari in particolare dei migranti musulmani, cucinano piatti ad hoc e anche speciali, come quel risotto con funghi e tartufo, che ha inondato la sala del profumo buonissimo della solidarietà.
Un profumo che conosciamo bene, perché è quello del pane dei forni che aderiscono alla nostra rete del progetto “il pane A Chi Serve 2.0” e che hanno preso parte, con grande slancio, alla gara di solidarietà avviata in questo così momento così difficile.
I nostri uffici, grazie alla generosità dei tanti esercenti e degli albergatori coinvolti, si sono riempiti di coperte, prodotti per l’igiene e dolci natalizi che sono diventati il simbolo dell’accoglienza riservata ai senza fissa dimora.
Sì, decisamente c’è del buono in questo mondo e nella nostra città, ma va organizzato e incanalato in un’ottica di rete che crea valore aggiunto perché troppo spesso, purtroppo, queste iniziative vengono lasciate alla buona volontà delle organizzazioni. Per fare un salto in avanti è necessario un raccordo sistemico e coordinato dalle Istituzioni che consenta di realizzare una programmazione che ci traghetti fuori dalla logica delle emergenze e degli interventi spot e frammentati, perché il freddo, per fare un esempio, viene ogni anno e non possiamo permettere che sia sempre “un’emergenza”.
In questi mesi ci siamo trovati faccia a faccia con la sofferenza, con la paura, con la solitudine, ma lavorando insieme abbiamo scoperto la bellezza che c’è nello stringere una mano sola, nello scaldare un fratello lasciato al freddo, nell’offrire ristoro e un pasto caldo a chi non lo considera un gesto poi così scontato.
Sono questi i primi frutti tangibili scaturiti dal Giubileo della Misericordia appena concluso e non a caso Papa Francesco ha indicato nell’accoglienza il grande segno dell’Anno Santo straordinario.
Accogliere significa agire la solidarietà, esercitare la giustizia, affermare il diritto all’esistenza di queste persone. Significa farsi prossimo, cioè vicino, l’uno all’altro, per reagire a quella “globalizzazione dell’indifferenza” che ci vorrebbe a badare ciascuno solo al proprio orticello.
Conosciuto o sconosciuto, l’altro va visto come uno uguale a noi perchè la carità, nel senso proprio di quella evangelica, non fa preferenze.
Quando scegliamo di farci vicino all’altro, nell’incontro, nella prossimità, decidiamo di creare una relazione, che richiede l’ascolto dell’altro, la sospensione del giudizio, simpatia ed empatia, il dialogo, la condivisione, sempre nella gratuità.
C’è del buono in questa città, ed è giusto impegnarsi per portare questo buono alla luce perché se la solidarietà è contagiosa, l’abbiamo visto in questi giorni, la Speranza è luminosa.
E’ questa la luce di cui abbiamo tanto bisogno, una luca capace di dare un nuovo orizzonte di Speranza alla Capitale di Italia.
Una luce che rappresenta il miglior augurio che possiamo fare e che possiamo farCI alla soglia del nuovo anno che sta iniziando.