“Ero come un vecchio topo da laboratorio, continuavo a cercare e cercare una soluzione ma mi ritrovavo sempre chiuso dentro a un mondo senza uscita.”
“Dalla rete, conoscenti e sconosciuti mi vomitavano addosso
i loro commenti. Io restavo completamente bloccato, non riuscivo a difendermi: era come essere paralizzati da un gas tossico che si insinua dappertutto.”
“Era come guardarsi di continuo allo specchio, uno specchio che piano piano iniziava a rompersi in mille pezzi fino a quando non era più il mio riflesso a essere frantumato, ma io stessa.”
Per colpa di un video girato sulle chat di classe, alcuni compagni dicevano che ero in carne, una “polpetta” per la precisione. Me l’hanno detto così tante volte che alla fine mi ci sono sentita.”
"Tutti quei commenti inizialmente ti divertono, poi cominciano lentamente a inghiottirti come mille palline colorate dentro un parco giochi.”
“Avere una passione è come mostrare agli altri il tuo enorme punto debole. Su internet tutti sapevano dove colpirti per farti più male. È come indossare un make-up che ti rende riconoscibile e che non puoi togliere.”
“Non riuscivo più a dormire, continuavo a fissare il vuoto e a chiedermi perché avesse pubblicato quel video. Era come avere negli occhi un deserto.”
"Mi chiamavano “vacca” e non ci volle molto prima che in ogni selfie, in ogni riflesso, in ogni specchio, io iniziassi a vedermi davvero così.”
“Anche se avevo voglia di imparare e di dimostrare il mio valore, ogni volta che alzavo la mano in classe, tutti i compagni mi fissavano come iene che puntano una preda. Dopo iniziavano anche i commenti sui gruppi e sui social.”
“È come un pugno in faccia, ma non puoi spiegare il dolore che fa perché
le ferite sono dentro. Fuori sei intatto, dentro di te invece, sei come una finestra rotta.”
Ridevano di me, davanti a me, guardando i miei profili social. MI chiamavano “pecorone” perchè
ero gigante e belavano ogni volta che mi vedevano. Mi sentivo intrappolato in quella scuola
“Ero diventato un fantoccio di me stesso e iniziavo pian piano a scomparire, diventando parte di ciò che mi circondava.”
Era come camminare costantemente sulle uova, non sapevo quale sarebbe stato il prossimo crudele messaggio o quando sarebbe arrivato. Era come essere bloccata in una zona pericolosa
“Ogni volta che entravo in classe li sentivo fare quel verso: mi chiamavano balena. Decisi di
dimagrire ma persi così tanti chili da iniziare a sembrare uno scheletro e così, l’incubo continuò.”
Hanno scoperto il bigliettino che le avevo scritto e lo hanno mandato su tutti i gruppi della scuola.
Sono tornata a casa e mi sono buttata sul letto a piangere, mi sembrava di annegare.”
“Quando sei alla ribalta sui social tutti ti ammirano ma, dopo un po', al minimo errore diventi un giocattolo rotto.”