Di Lidia Borzì, Presidente Provinciale Acli e Patronato di Roma
Quante mattine mi è capitato di entrare in sede provinciale e incrociare gli sguardi delle persone in fila al Patronato.
Un tempo erano per lo più pensionati. Poi gli immigrati che non conoscono i propri diritti, e le mamme lavoratrici con le loro gravidanze, e, ancora, i tanti giovani senza rinnovo di contratto. Perdita del lavoro, infortuni, richieste di cittadinanza e tanto altro ancora, ogni giorno e in numero sempre più crescente.
Persone, con le loro storie di sofferenza, di solitudine, di disperazione o di semplice smarrimento. Vite, insomma, che si presentano in una tipica mattinata al patronato.
Come quella di Luca, un nonno di 63 anni con figli e nipoti lontani. Ha sempre lavorato il legno ma e’ costretto a starsene a casa, perché la salute non lo aiuta più. Ma avrà diritto alla pensione? E senza soldi come faranno a campare? Chiedere aiuto ai figli, dopo averli aiutati per una vita, sarebbe troppo mortificante.
O quella di Sheryl, del Kerala (India), che fa la badante e aspetta un bambino. Dopo i primi 2 figli, sarebbe il primo nato in Italia e le hanno detto che nel nostro Paese la maternità è tutelata, ma non ha idea di cosa significhi.
O, ancora, la storia di Marco, che ha terminato il suo contratto a progetto e in attesa di trovare una nuova occupazione, vorrebbe almeno essere rassicurato su un piccolo indennizzo che gli consentirebbe di pagare l’affitto senza ansia. Ma le clausole che ha letto sul sito dell’INPS sono complicate per uno che non si intende diritto del lavoro ma ha studiato filosofia.
E Marianna, caduta mentre puliva le scale per una impresa di pulizie. Ma il pensiero di restare a casa e non lavorare, quindi non guadagnare, è subito annientato dalla rata del mutuo che sta per scadere e dal piccolo Francesco che ha bisogno di andare in piscina che è già cagionevole. E allora, che fare?
Ecco, i nostri competenti e appassionati operatori del Patronato, si trovano ogni giorno davanti storie come queste e cercano innanzitutto di rendere esigibili diritti che in tanti nemmeno conoscono, mettendo al riparo le persone da stati di indigenza e marginalità.
Tra qualche mese Luca, Sheryl, Marco e Luciana potrebbero doversela cavare da soli, perché il Governo ha inserito nella prossima manovra finanziaria il taglio di 150 milioni di euro al fondo patronati e la riduzione del 35% dell’aliquota previdenziale destinata ad alimentarlo.
Che vuol dire uccidere i Patronati e non far risparmiare nessuno, anzi, i cittadini saranno costretti a sostenere delle spese per avere il servizio che noi diamo gratuitamente.
Non potevamo starcene zitti e fermi davanti a una simile scelta e così anche nella Capitale le Acli, con CGIL, CISL e UIL Lazio e Roma (con cui da tempo abbiamo dato vita ad un coordinamento denominato CE.PA – Centro Patronati), siamo scesi direttamente in piazza non tanto contro il governo, quanto per tutelare i cittadini che rappresentiamo.
Amplificare la voce dei più fragili è proprio nel nostro dna.
Il presidente del Consiglio Renzi sembra averci ascoltato, tant’è che in tv ha detto che avrebbe rivisto questa parte della manovra, che tra l’altro va contro diritti che discendono direttamente dalla Costituzione (art. 3, 31, 32 e 35), ribaditi anche dalla sentenza della corte costituzionale 42 del 2000 e la legge 152 del 2001. Ma, ora, lo aspettiamo alla prova dei fatti, come abbiamo ribadito ai parlamentari eletti a Roma e nel Lazio che con i segretari di Cgil, Cisl e Uil e con la rappresentanza delle forze datoriali.
Intanto, continuiamo ad essere un punto di riferimento importante per le persone.
Da una ricerca condotta dal nostro Osservatorio sui bisogni delle famiglie su 1000 famiglie di Roma e Lazio “S.O.S. Famiglia. Solitudini, ostacoli e speranze della famiglie del Lazio nella quotidianità̀ problematica” è emerso che in caso di bisogno ben il 30,5% si reca presso le sedi del patronato; il 19,5% degli intervistati si rivolge ai servizi sociali del proprio comune; il 9,1% si avvale di un’associazione di volontariato e l’8,2% va in parrocchia.
Forte di questo legame con i cittadini, che ci considerano dunque l’ente di prossimità più vicino, e riconoscono in noi uno strumento universale di equità sociale, il patronato è diventato man mano sempre più uno snodo cruciale della rete di welfare. Un welfare non passivo, ma che potremmo definire ‘comunitario dal basso’, dove al centro non c’è il servizio che si riceve, [1] ma la persona che ne ha bisogno.
Il nostro è, infatti, un approccio che supera la logica assistenziale per promuovere la dignità della persona. Oltre lo sportello.
Nelle 14 sedi riconosciute con i nostri 27 Operatori Specializzati e 30 volontari incontriamo persone e famiglie, nella loro quotidianità problematica nel momento, quindi, di massima vulnerabilità: questo rende il patronato un luogo strategico, in cui emergono i veri bisogni del cittadino. E in cui forniamo risposte concrete e anche innovative, ampliando sempre più la vasta gamma di servizi già esistenti.
Questo grazie a professionisti che lavorano con il cuore e (ricordiamo che l’80% dei dipendenti sono donne…che in un momento di crisi sono sempre le prime a farne le spese) e che ora rischiano di perdere il lavoro con questi tagli. Migliaia e migliaia di persone in tutto, diverse centinaia nel solo territorio della Provincia di Roma.
Allora, vi chiediamo con forza di firmare la petizione contro i tagli, venendo in una delle nostre sedi, oppure on line. Soprattutto perché, tra qualche mese, come Luca, Sheryl, Marco e Marianna, potreste trovare lanche voi la porta del patronato chiusa.