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L’estate “percepita” (Demo)

di Lidia Borzì

Caldo record e incendi  al centro e sud,  temporali e grandine di dimensioni surreali al nord, file in autostrada, spiagge affollate e  bagni ristoratori da una parte, persone che sotto l’acqua o sotto al crollo di qualche albero hanno perso tutto anche la vita dall’altra. Un’estate dei contrasti  che fa i conti con la crisi climatica diventata una drammatica realtà.

E’ la narrazione dominante dell’estate 2023, a cui purtroppo dobbiamo aggiungere la cronaca della guerra che continua a flagellare l’Ucraina e la sua sventurata popolazione.

In questa cornice a tinte fosche con questa mia riflessione provo a raccontare “l’altra estate”.

Quella di chi rimane in città, di chi non è in vacanza perché non ha un lavoro, di chi è solo nelle città svuotate, di chi non si può permettere di andare al mare o ai monti perché il reddito familiare non lo consente. O anche di chi non va in vacanza come tutti, o insieme a tutti, perché deve assicurare i servizi essenziali (penso soprattutto al personale della sanità o della pubblica sicurezza), o di quelli che prestano aiuto nel volontariato, in questo tempo ancora più necessario.

La solidarietà non va in vacanza, perché i problemi degli ultimi, o dei penultimi, non vanno in vacanza. Lo sappiamo bene noi delle ACLI di Roma, che in questo periodo siamo impegnati ad organizzare la solidarietà sul nostro territorio: per gli anziani con i corsi antitruffa e le attività ricreative, per le famiglie, per i minori. Per dare aiuto anche solo con la nostra presenza, il nostro ascolto, con le forme e le attività di microsolidarietà che aiutano a passare l’estate a chi non la può identificare con le occupazioni piacevoli dei ‘vacanzieri’.

Ecco, bisogna mettersi dalla parte di chi vive l’estate dal versante di una stagione difficile, di un tempo vuoto più che libero: vuoto di relazioni, di risorse, di opportunità.

Vorrei interrogarmi e interrogarci sull’estate ‘percepita’ da quelli che si sentono esclusi, anziani soprattutto, ma non solo. Esclusi o emarginati dalle statistiche delle partenze e degli arrivi, dai numeri che confortano la nostra economia che (giustamente) vede nel turismo, interno e internazionale, una delle nostre principali risorse di benessere e sviluppo.

L’estate ‘percepita’ che, come la temperatura, varia da persona a persona, da famiglia a famiglia, da territorio a territorio.

Chi non ha un lavoro, ad esempio, e sono ancora tanti e tante nel nostro Paese a patire la mancanza del lavoro o i danni di un ‘cattivo’ lavoro – per condizioni salariali o di sicurezza – non può godere del meritato riposo. O chi lavora all’aria aperta –pensiamo all’edilizia o l’agricoltura – patisce il caldo delle ore più assolate non come un disturbo del proprio tempo libero o un impedimento alle attività sportive, ma come un pericolo per la propria salute.

Ma anche le famiglie che debbono riorganizzare la cura dei minori nella chiusura delle scuole, non possono ‘percepire’ l’estate solo come una bella stagione, vivendola piuttosto come un momento altamente problematico, anche per i loro bilanci familiari, già messi a dura prova dall’aumento del costo della vita.

Pensare a chi affronta l’estate in condizioni di svantaggio ci può aiutare in molti modi.

Anzitutto a non chiuderci nel nostro piccolo egoismo di ‘pianificatori del tempo libero’. A pensare che quello che è ‘tempo libero’ per noi è invece un tempo ‘vuoto’ (come ricorda anche l’etimo della parola ‘vacanza’) per molti. O un tempo comunque vincolato a impegni e occupazioni per chi svolge un’attività che ‘non va in vacanza’.  L’estate ‘percepita’ può essere una categoria che ci ricorda come le disuguaglianze si accentuano là dove si allargano le opportunità, che appunto non sono le stesse per tutti. Per ragioni anagrafiche, economiche o di salute, o di mancata inclusione.

Riflettere sulla disuguaglianza anche di fronte alle stagioni dell’anno, è un modo per leggere, ascoltare, interpretare i bisogni dal basso, nel segno della concretezza e della solidarietà. Infine, da ultimo ma non per importanza, per vivere la nostra estate là dove le nostre condizioni viceversa lo consentono, nel segno di un meritato riposo ma non della spensieratezza irresponsabile.

È altrettanto necessario pensare a chi, comunque, pure con molti sacrifici, riesce a conquistare le meritate vacanze. Magari rinunciando a quelle più ‘esotiche’, magari accorciandone la durata. Le vacanze spesso si riducono ad una manciata di giorni, per il ceto medio schiacciato verso il basso dall’aumentato costo della vita e dall’erosione del reddito disponibile. Bisogna ricordare che la vacanza non è un lusso, che ‘fare i salti mortali’ per garantirsela non obbedisce alle parole d’ordine di un consumismo esasperato, ma ad una reale aspirazione ad una buona qualità della vita, personale e familiare, che spesso ritrova nelle vacanze lo spazio giusto per alimentarsi e ritrovarsi. In questo caso l’estate ‘percepita’ è quella di una possibilità irrinunciabile per le relazioni ‘vive’, sale della vita sociale e in questo senso bene primario.

Auguro insomma a tutti e a tutte di ‘percepire’ l’estate come un tempo opportuno per non dimenticarci degli altri. Per tenerli nell’orizzonte della nostra attiva e operosa attenzione. Non può che farci bene, facendo il bene.