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L’anno che verrà

di Lidia Borzì

È un rito, il passaggio di fine anno, che si ripresenta e torna puntuale. Questo però è un momento in cui niente è rituale perché niente è ripetitivo.

Siamo ancora dentro un’emergenza sanitaria e sociale dalla quale avremmo voluto allontanarci definitivamente, mentre i dati pandemici e le nuove varianti (quella Omicron è ancora imprevedibile e in parte sconosciuta) ci obbligano a non abbassare la guardia. Prosegue in Italia, tra molte incertezze e resistenze, la campagna vaccinale,sappiamo, infatti, che la fiducia nella scienza e la responsabilità dei comportamenti, individuali e collettivi, sono la via maestra per l’uscita dal tunnel: i vaccini sono il nostro passaporto per la libertà, quella vera che contempera i diritti di ciascuno con il bene comune. Il nostro contributo vuole essere anche quello di un’azione educativa diffusa, che sia di contrasto all’informazione che specula sulla paura e sulle fragilità alimentate dal disagio sociale.

È con questo spirito di responsabilità che salutiamo anche l’inizio della nuova stagione che si è aperta ai vertici delle istituzioni comunali con l’elezione del sindaco Roberto  Gualtieri.

A lui e alla sua squadra di governo rivolgiamo anzitutto il nostro augurio di buon lavoro e assicuriamo piena collaborazione nel segno della tanto auspicata coprogrammazione e coprogettazione. Come ACLI di Roma la complessità e la problematicità della nostra Capitale le conosciamo da vicino perché le incontriamo quotidianamente nel nostro impegno associativo. Conosciamo i bisogni ma anche i talenti del territorio, i volti dei bambini, dei giovani, delle donne, degli anziani, delle famiglie e degli immigrati che – dal centro alle periferie – tessono la trama delle relazioni vive e dei legami che infrastrutturano la vita urbana e metropolitana.

È un racconto di Roma che abbiamo messo a disposizione di tutti con il nostro Cantiere Roma che ha animato il percorso elettorale, ma che ha superato anche il momento elettorale in quanto rappresenta un itinerario che ha a cuore il futuro non solo immediato della nostra città. Abbiamo già avviato un’interlocuzione fattiva con l’amministrazione capitolina sulla base di una sinergia di idee e azioni per Roma, per  i suoi quartieri e i suoi abitanti, per garantirgli voce e rappresentanza, sempre con umiltà, nella consapevolezza dei nostri limiti e delle ardue sfide da affrontare.

Sappiamo che la Capitale è chiamata a grandi e impegnativi traguardi, dall’Incontro mondiale delle famiglie del giugno 2022, al Giubileo del 2025, e speriamo anche l’EXPO 2030 per il quale è stata presentata la candidatura.

Un percorso che è spirituale, culturale , nella difficile transizione di modelli di vita  accelerata dalla pandemia,  economico-produttivo. Un passaggio d’epoca più che un passaggio d’anno, che  disegna un’opportunità cruciale di  rinascita e di ripartenza per la Capitale e per il nostro Paese. Le risorse del PNRR danno a questa prospettiva concreti strumenti di intervento e innovazione dei quali, come si auspica da più parti, a cominciare dal Presidente del Consiglio, Mario Draghi, è bene fare un uso competente, oculato ed efficiente, sempre nel segno della giustizia e dell’inclusione sociale.

Come ACLI di Roma ci impegniamo a fare la nostra parte, coinvolgendo tutto il nostro sistema operativo, con passione civile e know how sociale, affinché non sia un’occasione storica persa o solo parzialmente colta. E ci impegniamo anche a collaborare in un’azione di rete sul territorio per coinvolgere tutti i soggetti di prossimità con cui collaboriamo abitualmente in questa opera di riqualificazione e rilancio della città e dell’area metropolitana.

Bisogna mettere al centro, ancora una volta, la persona e i suoi diritti, anzitutto ad una lavoro dignitoso, ad un progetto di vita familiare e sociale, ad una serena e attiva (ove possibile) vecchiaia. Il 2021 è stato un anno a tinte chiaro scure anche se migliore del 2020, annus horribilis. In realtà c’è da dire che non siamo fuori dal tunnel e per certi aspetti questo anno appena trascorso è stato drammatico e faticoso per tutti, ma soprattutto per le fasce sociali più deboli.

Il nuovo anno sarà sicuramente migliore se riusciremo a lasciarci la pandemia alle spalle e a patto di riaprire il futuro nel segno di una società veramente inclusiva e solidale.

Dobbiamo contribuire a fare di Roma il simbolo concreto di una comunità che vuole riassaporare il potere attrattivo del futuro, l’entusiasmo della ripartenza, la “grande bellezza” dei legami sociali ritrovati.

In questo momento cruciale, che è di crisi ma anche di possibile rinascita, due sono le parole-chiave che voglio proporre sulla soglia tra il vecchio e nuovo anno:

  • CURA
  • GENERATIVITÀ

Non sono parole nuove, ma è nuovo il significato che dobbiamo trovare in questo momento, le risonanze che ci suggeriscono rispetto alla concretezza delle risposte  di cui la nostra città ha più che mai bisogno e la lungimiranza che merita.

Dobbiamo declinare la CURA anzitutto nel significato letterale che l’emergenza pandemica ha tristemente evidenziato. La salute come bene inestimabile per il singolo e per la società, ha preso il centro della scena. Si tratta di un DIRITTO universale, sancito dalla nostra Costituzione, e tuttavia messo a repentaglio dalle diseguaglianze sociali, economiche e territoriali. Da questo punto di vista la medicina territoriale e di prossimità si è rivelata il nodo fragile del sistema pubblico sanitario e dunque la vera risorsa da rilanciare e potenziare anche sviluppando le case della comunità. Nella nostra realtà urbana e metropolitana sappiamo che questa è una delle strategie fondamentali per realizzare un welfare, universale nella visione e sartoriale nelle risposte, a misura del singolo e della sua rete familiare che della CURA è investita e spesso sovraccaricata.

L’idea di CURA è però più ampia e ricomprende quella delle relazioni, dei legami, dei processi di partecipazione e di cittadinanza. Qui si colloca il valore aggiunto del TERZO SETTORE, che non solo si prende cura delle persone, ma si configura anche come vero e proprio attore della DEMOCRAZIA della CURA, vicina e prossima ai bisogni della comunità, di un’economia civile del DONO, generativa di comunità. Il dramma della pandemia ha messo in evidenza quanto questi corpi sociali intermedi siano veicolo di resilienza e incubatori di rinascita.

Si tratta di energie e sinergie – di competenze e passione civica, di interlocuzione con le istituzioni-  che non si devono né appesantire con pratiche burocratiche rigide né  mortificare con politiche fiscali punitive.

È il TESSUTO CONNETTIVO che tiene insieme i progetti di vita e i percorsi di crescita dei giovani, il bisogno di accompagnamento degli anziani nella loro crescente fragilità perché non si trasformi in isolamento, la vera malattia della vecchiaia, nella cultura dello scarto, contro cui si batte con coraggio evangelico Papa Francesco. E’ CURA del PIANETA come CASA COMUNE, cuore dell’ecologia integrale che abbraccia ambiente e persone, giustizia e pace. Quale augurio migliore per il prossimo anno che questo, questo procedere INSIEME verso un nuovo equilibrio tra consumi e risorse, innovazione e custodia del Creato?

Una vera DEMOCRAZIA della CURA può partire dalla nostra città, esempio di civiltà universale e accogliente, POLIS complessa ma coesa, risanata dalle forme più aggressive del “VIRUS” dell’indifferenza e dello sfilacciamento dei legami di solidarietà.

Questo è l’orizzonte dentro cui comprendiamo bene anche il significato di GENERATIVITA’. Anzitutto nel senso biologico. La crisi demografica del nostro Paese è un fenomeno sotto gli occhi di tutti, non solo dei demografi. E’ crisi di fiducia verso il futuro, crisi dei progetti familiari di lunga gittata, crisi dei legami intergenerazionali, crisi della coppia e della sua capacità di proiettarsi oltre l’immediato presente. Questo fenomeno è molto complesso, nasce dall’economia e dalla scarsità del lavoro “buono”, soprattutto per donne e giovani, dalla carenza dei servizi, e proietta le sue ombre sulla sostenibilità del sistema di welfare del futuro, sugli equilibri generazionali, perfino sulla stessa esperienza della “fraternità” a partire dal nucleo familiare,  il cui progressivo restringimento mortifica le risorse relazionali della famiglia come prima cellula della società e “palestra” di solidarietà.

 La GENERATIVITA’ è però anche un connotato delle società più vitali. E’ un approccio valoriale e culturale che tiene conto delle ricadute dei nostri comportamenti non solo nell’oggi ma anche nel domani.

È la volontà di seminare su terreni che altri dopo di noi vedranno fiorire, per raccolti di cui altri godranno. In questo senso generatività è la parola del NOI che il vivere sociale esprime e custodisce. È alimentata da quella che mi piace chiamare l’immaginazione sociale, che tutti insieme riusciamo a produrre con i nostri talenti, oltre le strettoie dell’immediato presente, partendo però da quello che c’è per rispondere a quello che non c’è con creatività e sostenibilità.

In tal senso, l’immaginazione sociale permette di prefigurare una rotta e una meta presente per incamminarci verso il futuro, proprio come facciamo in questo passaggio da un anno all’altro.

Come ACLI di ROMA esprimiamo l’augurio e la Speranza che la nostra città e i suoi abitanti, nativi e “adottivi”, diventino generativi per l’intero Paese. Speranza, infatti, è la parola, insita in cura e generatività, con cui concludo questa riflessione e simbolicamente anche questo 2021 delle ACLI di Roma.

La speranza deve essere un diritto di tutti e non un lusso per pochi, esige, quindi, che tutti diventiamo costruttori dì speranza ognuno secondo le proprie possibilità e responsabilità.

Buon 2022 a tutti voi e a ciascuno di voi