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La veduta (anche sul nuovo anno) dipende dallo sguardo

di Lidia Borzì, presidente ACLI di Roma

“Anche se la finestra è la stessa, non tutti quelli che vi si affacciano vedono le stesse cose: la veduta dipende dallo sguardo”.

Lo scriveva la poetessa Alda Merini, e, attualizzato, per noi vuole essere un invito ad avere lo sguardo lungo proiettato al futuro per contribuire a ridare speranza alla nostra città, al Paese e soprattutto alle nuove generazioni.

In questo momento complicato, in cui si naviga a vista, questo vale tanto per la politica, alla quale dobbiamo chiedere uno sguardo lungo (tutto il contrario di quello che sta accadendo), quanto per noi e per chi, come noi, è impegnato a prendersi cura delle tante fragilità dettate da bisogni vecchi e nuovi, dagli indigenti assoluti ai working poor, ai quali il welfare sempre più a groviera non riesce a far fronte.

Se guardiamo all’anno che sta per chiudersi, viene proprio l’affanno. È recente l’indagine di ItaliaOggi in collaborazione con l’Università La Sapienza sulla qualità della vita in Italia, che ha visto sprofondare la capitale all’85esima posizione. Interessante, ma solo per la cronaca perché piuttosto deprimente, approfondire le dimensioni dell’analisi: affari e lavoro, ambiente, criminalità, disagio sociale e personale, popolazione, servizi finanziari e scolastici, sistema salute, tempo libero e tenore di vita. Praticamente, per Roma, un disastro su tutti i fronti.

E questo è sotto i nostri occhi quotidianamente, ci penso ogni volta che ammiro uno dei simboli della capitale, il Colosseo, con la sua bellezza imponente, cuore laico di una città che da sempre è stata crocevia di popoli e culla dell’accoglienza un ruolo che le ha donato l’appellativo di città eterna, ma che oggi  purtroppo sembra essere sempre più abbandonata tra degrado e disuguaglianze.

Ormai non è più rinviabile un cambio di passo e noi vogliamo fare la nostra parte.

Anche perché, se invece di guardare solo alle spalle, volessimo fare una previsione per il futuro, le cose sembrano non andare meglio.

Ce lo conferma, in maniera scientifica, anche una recente indagine “Roma 2030. Il prossimo decennio”, elaborata dal sociologo De Masi.

Una ricerca che abbiamo commentato nell’ambito di un incontro di approfondimento alla sala Tempio di Adriano insieme alle principali sigle sindacali e alle centrali cooperative, proprio poche settimane fa, su invito della Camera di Commercio di Roma che ha commissionato la ricerca.

Lo studio prevede che Roma, di questo passo, tra 10 anni potrebbe sprofondare nel baratro e lancia dei veri e propri campanelli d’allarme, in particolare sul fronte dei conflitti interni, causati dal rapporto della popolazione con le Istituzioni e dell’insoddisfazione per le cattive condizioni della Capitale soprattutto relative ai trasporti e ai rifiuti.

Nella ricerca trovano spazio anche due temi che ci stanno particolarmente a cuore: lavoro e giovani.

Secondo la ricerca, assisteremo a una crescita dei lavori atipici e all’aumento di lavoro manuale, questa può essere colta come un’opportunità come nel caso del lavoro di cura, su cui le ACLI già stanno investendo molto.

Da tempo, infatti, siamo impegnati nella promozione del lavoro dignitoso a tutto tondo certi che sia importante spiegare, soprattutto ai giovani, che non esistono lavori di serie A e lavori di serie B, ma solo lavori che danno dignità e tutele e lavori che li calpestano.

I giovani, nella Roma 2030, saranno fondamentali anche per la costruzione della coesione sociale, recuperando temi come la solidarietà e l’equità sociale anche negli ambiti di lavoro.

I nostri giovani, per crescere e rendersi indipendenti, non hanno bisogno di sussidi, ma di responsabilità. A loro servono gli ingredienti per cucinare, non i piatti già pronti dei padri (come ha scritto bene Padre Occhetta in un articolo di qualche tempo fa).

“L’obiettivo vero da raggiungere non è il reddito per tutti, ma il lavoro dignitoso per tutti”, monito che ci giunge dal faro più luminoso della città e del mondo, Papa Francesco. Un invito che deve arrivare ai nostri governati per evitare che la loro veduta sia eccessivamente corta.

Dalla ricerca arriva anche un segnale di speranza tra cui quello che indica nel Terzo Settore e nel lavoro in rete, i volani che possono favorire lo sviluppo economico e sociale della città.

Noi nel nostro piccolo, cerchiamo di fare la nostra parte, sperimentando un processo frutto di tre aspetti interconnessi, ovvero metodo, strumenti e risorse.

Il metodo è incentrato su un approccio sistemico e interdipendente capace di superare la logica dominante dei compartimenti stagni.

Un approccio che diventa politica perché lavorare per connessioni significa avere un “pensiero lungo” che si collega al principio della generatività’ sociale, una categoria chiave per guidare il cambiamento, dall’economia, al lavoro, al sociale, alla politica, alle periferie, con ricadute positive non solo nel presente, ma soprattutto nel futuro.

Gli strumenti sono le buone pratiche che favoriscono innovazione sociale e sono per natura foriere di cambiamento. Le nostre, come “Il cibo che serve” o il cantiere “Generiamo lavORO”, sono emblematiche dell’importanza della sussidiarietà circolare che mette insieme pubblico e privato, profit e no profit per articolare meglio e in modo più efficiente, le risposte concrete per i cittadini, in particolare quelli più fragili.

Anche se qui una parentesi andrebbe aperta per le Istituzioni che hanno supplemento di responsabilità e alle quali chiediamo un impegno maggiore per trasformare le buone pratiche, spesso lasciate alla buona volontà delle singole organizzazioni, in buone politiche. Proprio per questo abbiamo chiesto più volte, con scarso ascolto, la realizzazione di un Albo delle buone pratiche per non disperdere gli esempi virtuosi e anche offrire spunti per un racconto della città che non sia sempre grigio, ma che sveli – e diffonda – la bellezza della solidarietà.

Infine c’è la rete, ormai cifra stilistica dell’azione delle ACLI di Roma, risorsa per tutta la città. Basti pensare che solo per la IV Ottobrata Solidale abbiamo coinvolto oltre 40 realtà, tra associazioni, organizzazioni, enti e Istituzioni. 

La valorizzazione della rete ci consente, infatti, di affrontare i problemi con una visione d’insieme, massimizzando le risorse e i risultati, valorizzando le eccellenze e minimizzando le sovrapposizioni. Perché come diceva Don Puglisi, martire per mano della mafia, “Se ognuno fa qualcosa si può fare molto”.

Il 2019 che è alle porte sarà un anno impegnativo: ci saranno le elezioni europee, le amministrative per molti comuni, ma anche il 75° anniversario di fondazione delle ACLI.

Appuntamenti che si intrecciano perfettamente con la nostra pista di lavoro che si snoda sui temi della partecipazione, del lavoro e della solidarietà, ovvero tre aspetti del Bene Comune che si fonda anche sulla coesione sociale, un caposaldo che De Masi ritiene fondamentale per evitare il declino della capitale.

Noi vogliamo continuare ad avere la veduta lunga, guardando al nuovo anno (e alla Roma del 2030!) con fiducia, certi che la storia si costruisce strada facendo, e non possiamo certo rassegnarci, perché quando tutto sembra perduto, per fortuna …. C’è la speranza.