Via Prospero Alpino, 20 - 00154 Roma

La buona politica. Tra società e istituzioni

di Lidia Borzì

Si è parlato spesso, in questi ultimi tempi, di crisi della politica. Secondo alcuni si tratterebbe di una crisi grave. Di valori, forme, progettualità e capacità di ascolto. Esaurite le grandi cornici ideologiche, resterebbe solo la politica come sterile esercizio del potere, o addirittura come mera gestione dell’esistente. Amministrazione più che visione.

Per un soggetto del Terzo Settore come sono le ACLI, che proprio in questi giorni hanno inaugurato  un nuovo mandato, la politica, o meglio la buona politica, che vuol dire politica orientata al bene comune, si colloca all’incrocio tra società e istituzioni. Dalla prima viene il dinamismo, il cambiamento, le energie e la domanda di trasformazione, dalle seconde la stabilità e la continuità, che non vuol dire conservazione e occupazione di spazi, ma governo dei processi, per usare una distinzione cara a papa Francesco.

Questo è l’incrocio nel quale si collocano, nella loro azione sociale quotidiana, le ACLI di ROMA che hanno fatto dell’impegno nella polis (a cui la politica deve il suo stesso nome) la loro ragion d’essere. La polis è per noi sempre civitas, comunità di persone, tessuto di relazioni vive. Vive perché vissute e agite in una prospettiva di condivisione, reciprocità, generatività.

Non possiamo certo ignorare i numerosi sintomi di una profonda crisi che non da oggi colpisce le stesse forme di vita associata, e che l’emergenza pandemica divenuta economica e sociale ha reso drammatica, per i risvolti che hanno investito la quotidianità delle persone, delle famiglie, delle imprese. Si è diffuso un disagio, un’incertezza del domani, un sentimento di precarietà che hanno coinvolto i singoli e le famiglie, i giovani e gli anziani, gli uomini e le donne, e come ACLI di Roma lo abbiamo riscontrato con le oltre 500.000 persone che abbiamo accolto telefonicamente e sostenuto nell’anno della pandemia con il nostro servizio di segretariato sociale.
Una fame di cibo, di lavoro, di diritti, ma soprattutto di speranza e futuro.

Una nostalgia delle perdute libertà e una richiesta di protezione, esigenze opposte non prive di contraddizioni. Salute versus  economia, sicurezza versus autonomia. Una serie di fratture che hanno ulteriormente scomposto una società già frammentata.

Stenta la politica a trovare risposte, nella velocità impressa dalla pandemia anzitutto alla corsa del virus e delle sue varianti, nel quadro di una campagna vaccinale che è complicata da fattori geopolitici globali e da diseguaglianze territoriali all’interno del nostro Paese. Sono in affanno i partiti, che in origine questo sono: libere associazioni di persone che si riconoscono in una sfera di interessi, ma anche in una visione comune, in una “parte” della società che aspira al riconoscimento e alla rappresentanza del bene comune.

In questo senso, non è sbagliato chiedersi se più che di crisi della politica si dovrebbe parlare di crisi dei partiti, in quanto portatori di idee e incubatori di ceti dirigenti.

L’avvento sulla scena del governo Draghi è stato quasi la rappresentazione plastica di questa criticità. Qualcuno ha parlato di “commissariamento” della politica, forse può essere più preciso il termine ridimensionamento. Proprio qui la crisi può diventare un’opportunità.  La parzialità della “democrazia dei partiti” può lasciare spazio alla società e ai suoi soggetti organizzati. La politica può ricominciare dal civismo.

La sinergia tra le forme di partecipazione attiva e le istituzioni politiche può essere il volano della ripartenza, economica e produttiva, morale e sociale.

Si tratta di ritornare, anzi di andare verso una buona politica. Più coraggiosa e più umile nello stesso tempo, soprattutto più in grado di ascoltare la società, più attenta ai bisogni dei cittadini, più indifferente ai sondaggi e più sensibile alle richieste di tutela, accompagnamento e promozione delle risorse che pure scorrono nel sottosuolo della nostra vita collettiva. Noi delle ACLI di ROMA ci mettiamo umilmente al servizio di questo percorso, con quel supplemento di responsabilità che esige il periodo pandemico che stiamo attraverso e quello che verrà, che ci porterà, nella capitale, alle prossime elezioni amministrative,  mettendo a disposizione delle istituzioni, a partire da quelle di prossimità, la nostra esperienza e la nostra azione sociale, che nella crisi sanitaria e sociale non si è fermata, ma ha cercato creativamente nuovi spazi, nuove reti, nuovi strumenti con e per i soggetti più fragili e più esposti al rischio di esclusione, materiale e spirituale.

La politica delle buone idee infatti deve essere sempre capace di tradursi nelle buone pratiche, in altre parole non proclama ma realizza, non privilegia la comunicazione virtuale a scapito del dialogo con il mondo sociale. Non insegue i sommovimenti e gli stati emotivi di una società non più liquida ma “gassosa”, ma li raccoglie e guida in un progetto di futuro.

A partire dal basso, dalla responsabilità del mondo associativo che deve avere una parte da protagonista nella riconquista della normalità e nella costruzione di un nuovo modello di sviluppo. Dei legami, delle appartenenze, delle speranze. Deve prevalere la consapevolezza che la coesione del nostro tessuto associativo è il lievito-madre della coesione sociale.

Dobbiamo diffondere il contagio positivo della nostra solidarietà interna ed esterna. Essere il vaccino anti-individualistico di una società stretta nella chiusura difensiva, a partire da noi. 

Una sfida e un compito per le ACLI tutte. L’amicizia sociale che è la cifra della fraternità aclista può essere la linfa della buona politica. Quella capace di compiere il cammino più difficile di ogni democrazia, che nasce dalle differenze e  conduce alla coesione.

La buona politica ha origine dai valori condivisi e dal dialogo se mette al centro le persone, a cominciare dalle più deboli e indifese. Qui si raccolgono le energie generative del vivere insieme. Questo è il criterio-guida di una politica riconciliata con se stessa, capace di fare di un groviglio di interessi una sintesi alta di aspirazioni, desideri, bisogni compatibili e coesi.

Come ACLI di ROMA crediamo che questa vocazione a farsi civitas debba più che mai contrassegnare la politica quotidiana del nostro territorio. Le istituzioni amministrative della città sono il punto di caduta più ravvicinato di questa prospettiva, di medio e lungo termine. 

La democrazia di prossimità è il banco di prova più concreto della politica che aspira a essere o tornare buona.  Come ACLI romane ci impegniamo, insieme a tutti i  soggetti e attori di solidarietà, a portare, in un quadro condiviso, la nostra passione, il nostro bagaglio di conoscenze e competenze, azioni e percorsi di accompagnamento  perché questa stagione di ripartenza sia ricca, operosa e feconda di frutti, presenti e futuri