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Il tempo del noi

di Lidia Borzì

Abbiamo appena salutato l’arrivo del nuovo anno, ma non abbiamo risolto i problemi dell’annus horribilis  che abbiamo alle nostre spalle. Così ci troviamo ancora sospesi tra la paura e la speranza, tra la voglia di ricominciare e l’impossibilità di progettare, almeno a medio-lungo termine.

Rimangono troppo evidenti i segnali di una crisi pandemica e sociale che continua a galoppare a tutte le latitudini, unificando il pianeta in una stessa precarietà di vita e, nello stesso tempo, approfondendo il solco delle diseguaglianze: tra regioni del mondo, tra generazioni, tra famiglie, tra persone. Uniti nella stessa consapevolezza della fragilità a cui ci costringe l’esperienza drammatica del virus, ma divisi nelle prospettive e nelle opportunità di uscirne, quanto a mezzi e risorse. A cominciare dai vaccini, frutto di un prodigioso progresso scientifico e di una ricerca planetaria, ma anche sottoposti ad una logica di produzione e di distribuzione, insomma  dentro  un mercato che ha le sue leggi inflessibili. Rischiano di farne le spese i soggetti e i paesi più poveri, come ammonisce da tempo papa Francesco. 

La Natura ci ricorda che apparteniamo alla stessa famiglia umana, per usare un’ espressione cara alla Dottrina sociale della Chiesa, ma la Storia ha segnato in profondità il nostro mondo, al punto che la stessa pandemia diventa o rischia di diventare un capitolo della geopolitica. Con i suoi conflitti, antichi e nuovi, con i suoi rapporti di forza, con i suoi protagonisti, o aspiranti tali, di oggi e di domani.

Ne possiamo rintracciare gli effetti anche nell’agenda politica del nostro Paese, in continua fibrillazione e alle prese con una Crisi che arriva in un momento decisamente troppo delicato. Le incertezze dominano molti settori come quello delle nostre attività economiche, la quotidianità delle famiglie, i ritmi della vita sociale, a partire dalla scuola.

Ma una cosa rimane certa e ce la ricorda costantemente il nostro amato Vescovo, Francesco: siamo nella stessa tempesta e nella stessa barca. Ne usciremo solo insieme. Dunque questo è il tempo del NOI. E’ o meglio dovrebbe essere. Questo NOI stenta a decollare, a partire dal quadro politico-istituzionale, interno e internazionale.

Come soggetti del Terzo Settore ci sentiamo interlocutori privilegiati e chiamati direttamente in causa da questo richiamo. La presenza sul territorio delle ACLI di ROMA in tutto il loro articolato sistema,  mette in campo un impegno capillare fatto di azione e di pedagogia sociale. Un agire quotidiano volto a ricucire il tessuto civico delle relazioni “buone”,  che ogni giorno si scontra con il dramma dell’esclusione e della marginalità. Pensiamo solo al dato dei senza-tetto morti nella nostra città per il freddo, già undici decessi negli ultimi tre mesi. Pensiamo al dramma dei senza-lavoro, ricacciati nella precarietà e nella povertà dalla crisi dell’economia in ogni settore, dal turismo alla ristorazione.

La severità dell’impatto sull’economia, per quanto riguarda il nostro territorio, è testimoniata anche dai dati raccolti dalla Banca d’Italia riguardo alla Regione e alla Città metropolitana. Ne riportiamo solo alcuni, a titolo esemplificativo.

L’attività produttiva si è contratta di 10,3 punti percentuali nel primo semestre del 2020, colpendo in particolare il settore alberghiero e della ristorazione, il commercio al dettaglio. Tra i lavoratori, si registra una calo dell’occupazione dell’1,4 per cento, che riguarda  il lavoro a tempo determinato,  i giovani  tra i 15 e i 29anni, e le donne.

Un dato seriamente preoccupante se pensiamo che ulteriori effetti negativi saranno registrati al termine del periodo di blocco dei licenziamenti e della cassa integrazione.

Analogo decremento nelle partite IVA, quelle aperte nel primo semestre sono diminuite del 25,8 per cento. E’ chiaro che questo si riflette sull’erosione dei redditi familiari, sulla contrazione dei consumi, sulla comprensibile riluttanza al credito, a favore di un risparmio precauzionale. Insomma sul dinamismo economico e produttivo del territorio.

In questo quadro altamente problematico, il NOI diventa un imperativo etico, la sostanza di una responsabilità collettiva. Nell’azione di contrasto al virus dell’individualismo e dell’indifferenza, il territorio è il  primo banco di prova, indica la prossimità di un orizzonte concreto.

Nel tempo del NOI dobbiamo essere mossi dalla consapevolezza che è tempo di navigare nella stessa rotta. Le ACLI lo sperimentano nel percorso del Congresso, che mette alla prova una faticosa ricerca di convergenza, che non vuol dire unanimità ma sintesi alta delle differenze. L’unità è sempre una meta, mai un punto di partenza. Un compito concreto, mai un imperativo astratto.

E’ il tempo del NOI ,dunque perché e’ il tempo della cura e del discernimento comune, della guarigione di una società malata di individualismo, di cecità ai bisogni, di chiusura all’altro. E’ il tempo dell’amicizia sociale che diventa principio- guida per tradurre l’ideale della fraternità nel vivere insieme, ad ogni livello e in ogni ambito, compreso quello che stringe nella solidarietà gli esseri umani e il loro pianeta.

Gli anticorpi ci sono. Lo sappiamo bene noi che, dal basso, vediamo le energie e le sinergie della solidarietà, delle generosità, della generatività nascere dai luoghi stessi del disagio sociale. Il nostro agire per e con i soggetti fragili ci insegna quotidianamente che proprio da essi nasce spesso la linfa della resistenza, del nuovo modello di sviluppo che cova sotto la cenere, che nasce nella crisi delle vecchie forme e dei vecchi assetti.

Siamo nel mezzo di una tempesta ma anche di un cambiamento d’epoca, che spazza via le certezze e ci spinge al nuovo. Nel lavoro e nella rideclinazione dei suoi diritti, nella gestione della salute e nella riaffermazione del diritto alla cura, anche in età avanzata, nell’uso della tecnologia digitale riorientata nella formazione e nell’istruzione, nella pubblica amministrazione che deve farsi strumento di prossimità, nei modelli di protezione e promozione sociale, che vanno riaffermati e ripensati nelle nuove sfide, dando voce ai deboli, ai più fragili, ai più esposti.

La crisi economica che incombe all’orizzonte mentre non si arresta la corsa della pandemia, rischia di alimentare rabbia e risentimento, sfiducia nelle istituzioni, disagio esistenziale. Mette a dura prova la serenità anche relazionale delle famiglie, lo spirito di resistenza delle imprese, l’entusiasmo dei giovani sempre più minacciati nella loro progettualità di vita e di lavoro, la preziosa energia delle donne sulle quali si scaricano tensioni e purtroppo antiche diseguaglianze. Lo vediamo nella nostra città, nei nostri quartieri, nello depressione dei giovani deprivati anche della socialità quotidiana delle aule scolastiche.

Ma è comunque il tempo del NOI, che incalza e ci chiede un rinnovato impegno. Nella partecipazione civile e politica, a cui il difficile contesto nazionale più che mai ci richiama, insieme all’alto esempio del nostro Presidente, perché ciascuno si faccia parte in causa del bene comune. Nella vita della nostra città, che nella prossima primavera sarà chiamata a rinnovare la sua amministrazione, la più vicina e la più decisiva, in ordine alla quotidianità delle persone, tra le istituzioni politiche. Ovunque, ciascuno nel suo ruolo e nel suo ambito di responsabilità, abbiamo il compito di portare la barca fuori dalla tempesta, di spendere le nostre migliori energie per inaugurare un anno nuovo, nei fatti e non solo sul calendario.