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Il nostro impegno tra passione e speranza

di Lidia Borzì

È tempo di passione e speranza. La passione, cioè la sofferenza che incontriamo nelle fatiche, nei disagi, nelle povertà e nella solitudine di uomini e donne, di famiglie  e persone, native e migranti. E’ una sofferenza di chi spesso non ha voce, non ha visibilità, non ha riconoscimento.

Come ACLI di Roma siamo chiamati quotidianamente a porci in ascolto della nostra città, anzitutto, ma anche del mondo che ci entra in casa, oggi con il volto dei rifugiati e profughi della guerra in Ucraina. Per lo più sono donne e bambini strappati alla loro serenità, separati dai loro familiari, mariti e padri, con i segni della loro vita raccolti in una valigia. Li ho potuti guardare in faccia nell’opera di soccorso che abbiamo messo in piedi nell’urgenza delle risposte da dare. Cibo, vestiario, medicine. Ho letto nei loro occhi lo smarrimento e la richiesta di aiuto. Anche solo di una carezza o di un momento di gioco, per i più piccoli. E’ la nostra Pasqua, è il momento di essere testimoni di una speranza che non delude. Della certezza del terzo giorno.

Scopriamo così che passione è anche quella del nostro impegno sociale. Lo viviamo quotidianamente, in quello che di recente Papa Francesco ha chiamato “artigianato della comunione”. Un’espressione che racconta bene la concretezza, la fatica e la passione, appunto, che è necessaria per vivere nella compagnia dei soggetti più fragili: di chi ha perso il lavoro o di chi fatica a trovarlo, delle donne che hanno visto raddoppiare i loro compiti familiari, nei mesi del lockdown, dei giovani che si vedono derubati del futuro e dei loro progetti di vita, degli anziani che hanno conosciuto l’abbandono e la scomparsa improvvisa di una vita familiare ricca di affetti.

In questo nostro tempo così difficile, nel quale si sommano l’incertezza personale e l’angoscia globale, di fronte a scenari impensati, dobbiamo essere testimoni credibili della passione per gli altri e della speranza annunciata a tutti. Della fede che è fiducia: in un futuro da costruire insieme. Le risorse della solidarietà e della gratuità  sono grandi nel nostro Paese, e anche nella nostra città. Lo abbiamo visto nella mobilitazione generosa verso i profughi della guerra, arrivati già a migliaia.  

Una prova di coerenza e sensibilità, all’altezza della nostra migliore tradizione umanitaria.

Come ACLI di Roma sentiamo la particolare responsabilità di una testimonianza da rendere nel centro della cristianità, nella città che più di ogni altra è legata ad una vocazione universale. Di pace, accoglienza, solidarietà.

Il dramma della pandemia ha acuito problemi cronici del nostro territorio, che aveva appena ricominciato a dare qualche debole segnale di ripartenza, nella cornice delle risorse messe in campo dal PNRR. La guerra alle porte dell’Europa rischia di interrompere questa prospettiva.

Inflazione, crisi energetica e difficoltà di approvvigionamento delle materie prime minacciano di nuovo famiglie e imprese. La speranza sembra allontanarsi come una meta difficile o addirittura come un’illusione. 

Dobbiamo perciò ricorrere alla virtù della resilienza, che ancora una volta ci deve guidare nel nostro impegno quotidiano. Ce lo chiedono i giovani, soprattutto, che hanno il diritto di ricevere un mondo più giusto, più umano, più sostenibile. Già oggi, non in un lontano futuro. È la nostra maggiore responsabilità di adulti, quella di sperare ed educare alla speranza. Come singoli e come società.

Sperare nella pace è oggi la più difficile delle speranze, ma anche la più necessaria.

Non c’è pace senza passione per la vita. Quella concreta, quella che nasce dalla cura e dalla condivisione, della sofferenza ma anche della gioia, che è generata sempre dalle relazioni buone, dal superamento degli egoismi.

 Il messaggio pasquale è in fondo questo: la vittoria del bene – quello agito e non solo proclamato- nasce dal buio del venerdì e porta alla luce della domenica di Resurrezione.

Per questo le nostre passioni, quelle che viviamo quotidianamente nell’impegno sociale, nelle azioni di sostegno e accompagnamento delle fragilità, delle famiglie e delle persone, delle donne e degli uomini, hanno già dentro una promessa di luce e di bene.

 Ma la speranza cristiana non è facile ottimismo, conosce le passioni e le sofferenze  da cui non si allontana per rifiuto, presso cui sta, anzi verso cui si china come fa il buon samaritano per curare le ferite di uno sconosciuto.

Passione è sofferenza, ma anche impegno. Passione è dolore, ma anche rinascita. Passione è fatica, ma anche gioia della condivisione..

Ne abbiamo fatto esperienza in questo dramma della pandemia.

Abbiamo sperimentato che la cura, anche in senso sanitario, è passione per la vita, propria e altrui, che la democrazia della cura è la nuova frontiera della lotta contro il virus dell’individualismo e dell’indifferenza.   

Dopo la lotta alla pandemia, ci troviamo ora di fronte alla minaccia della guerra. Siamo ancora una volta chiamati a essere presenti non come spettatori sempre più assuefatti allo “spettacolo” delle macerie e delle città in rovina, al dramma dei rifugiati, soprattutto donne e bambini. Papa Francesco ci ha richiamato e ci richiama al dovere del dialogo, di essere “fratelli tutti” per difendere le ragioni della convivenza e dell’accoglienza.

Ancora una volta, le ACLI di Roma accolgono questo invito, mettendosi con umiltà e passione al servizio del Bene Comune, insieme a tutti quelli che hanno a cuore il futuro di tutti e di ciascuno.