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Dalle settimane sociali, una ventata di speranza

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Agosto è arrivato, un mese che solitamente mi porta a riflettere sull’anno appena trascorso, un momento di bilancio per preparare il rilancio che ci aspetta a settembre.

In questo inizio mese così afoso sono ancora vivide le emozioni che ho provato avendo preso parte alla 50 settimana sociale dei cattolici in Italia, come delegata della diocesi di Roma, una nutrita delegazione guidata da Mons. Francesco Pesce con tanti e tante giovani e che ho condiviso anche con la grande famiglia di delegati aclisti presenti.

Il tema cruciale, il metodo partecipato e rigoroso, le buone pratiche, gli interventi autorevolissimi e le relazioni di spessore mi hanno dato la consapevolezza che le 50° settimane sociali dei cattolici in Italia sarebbero state consegnate alla storia tra le più importanti al pari di quelle di Firenze del ’45 che mettevano al centro il tema della costituente e costituzione.

Una sensazione confermata poi con l’esperienza diretta svolta a Trieste in cui abbiamo respirato a pieni polmoni un’aria nuova, la voglia di esserci, di partecipare, di sentirsi parte di una chiesa non solo in uscita, ma una chiesa con la schiena dritta che è protagonista della vita della comunità.

Una chiesa, non più al balcone, come ci ha detto Papa Francesco, ma pronta a sporcarsi le mani, ciascuno nel proprio ruolo schierati dalla parte degli ultimi.
Una nuova postura per i cattolici che esprimono ora un NOI che non è ‘collettivo’ ma comunitario, perché non esprime una ‘volontà generale’ che in quanto tale è astratta, ma una volontà condivisa quindi concreta.
Insomma, siamo stati testimoni di un appuntamento importante con la storia che ha messo al centro il tema della democrazia.

Una democrazia oggi malata e minacciata che va difesa senza paura, un richiamo forte e deciso che è stato il filo rosso dell’analisi di tutti gli interventi perché questa forma di governo, seppur imperfetta, è altrettanto insostituibile, come ebbe a dire Churchill.

A partire dal Papa che ha detto: è evidente che nel mondo di oggi la democrazia non gode di buona salute tra povertà, disuguaglianze, astensionismo e indifferenza che è il cancro della democrazia.

Questo ci interessa e ci preoccupa, perché è in gioco il bene dell’uomo, e niente di ciò che è umano può esserci estraneo.

E allora a difesa della democrazia e a tutela degli ultimi dobbiamo scendere in campo tutti insieme, Lo ha ribadito anche il Card. Zuppi che non c’è democrazia senza un noi comunitario che non lascia indietro nessuno.

In questo solco, infatti, si è articolata la presenza aclista a Trieste che ha messo al centro la partecipazione e la democrazia attraverso la presentazione delle due proposte di legge di iniziativa popolare, dedicate a trasparenza dei partiti e partecipazione dei cittadini alla vita politica.

All’interno delle due proposte di legge, redatte da un comitato scientifico rappresentato da Lorenzo Gaiani che ha spiegato i due impianti normativi, la creazione di un Registro Nazionale dei partiti; la possibilità di ricevere un finanziamento pubblico diretto per le attività relative alla partecipazione alle elezioni politiche e la creazione di Assemblee partecipative le cui decisioni devono essere prese in considerazione dal decisore politico.

Va in questa direzione anche la scelta che le ACLI hanno fatto di essere tra i promotori della raccolta firme per il referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata che, a nostro avviso, produrrà solo ulteriori disuguaglianze e divisioni, generando una forma esasperata di regionalismo competitivo.

Siamo stati presenti anche nella presentazione delle buone pratiche con il Consigliere di Direzione con la delega alla Progettazione, Italo Sandrini, che ha presentato alcuni progetti nazionali, come quello sul recupero delle eccedenze alimentari (insieme alla piattaforma “The Avanzers – i supereroi del recupero”) e non alimentari (come medicinali e vestiario), il progetto Riparto dedicato al sovraindebitamento e la nuova proposta di istituire “Case di testimonianze”, mentre come ACLI di Roma, abbiamo presentato il progetto “Il Cibo che serve”, una sfida allo spreco alimentare basata su tre parole chiave: rete, recupero e solidarietà.

Andare al cuore della democrazia- come si è voluto fare nelle giornate di Trieste- quindi, non è un ‘tema politologico’, ma un terreno di impegno per una nuova stagione di partecipazione e rilancio della presenza dei cattolici sulla scena politica, sociale e culturale.

Lo confermano le parole del Card. Zuppi, presidente della CEI, rivolgendosi al Pontefice: dopo questi giorni la voglia è cresciuta, voglia di partecipazione, voglia di rendere migliore questo mondo, di aiutare la democrazia viva del nostro Paese e dell’Europa, non quella del benessere individuale, ma quella del bene comune, che è stare bene tutti.

Alle sfide vogliamo rispondere da cristiani. Vogliamo dare frutti di democrazia, cioè di uguaglianza, di diritti e doveri per tutti.

Al cuore della democrazia ci sono le persone e c’è un atteggiamento di fiducia e speranza. Una speranza che per noi cristiani è certezza del terzo giorno, ma che è un valore anche universale.

Speranza che non è solo una parola che guarda al futuro ma ci spinge a guardarlo ma per preparare il presente, speranza significa dare corpo, significato e orientamento al nostro agire quotidiano, per costruire il presente e consegnarlo a chi viene dopo di noi.

Da Trieste allora è emersa una voglia di rinnovato protagonismo e partecipazione per “costruire qualcosa di buono nel nostro tempo”, dando “attenzione alla gente che resta fuori o ai margini del radar della democrazia con proposte chiare e concrete.

Partecipare non è ‘parteggiare’, è ‘prendere parte’ che significa sentirsi parte in causa anzitutto nella difesa dei fragili, degli ultimi e dei penultimi.

La partecipazione è la sentinella più efficace di una democrazia inclusiva, nella quale, come ha detto il card. Zuppi, “nessuno sia scartato o lasciato indietro”.
Oltre le convenienze individuali, oltre gli opportunismi e i personalismi, è possibile ricostruire il senso di una scommessa di futuro per i giovani, per le donne, per gli anziani, per gli immigrati, per le famiglie e per le imprese, volano le une e le altre per un mondo sostenibile.

La democrazia è l’orizzonte sempre mobile e mai pienamente raggiunto verso cui si muovono le generazioni perché l’individualismo radicale dominante, anche nei modelli di consumo e negli stili di vita, sia oltrepassato da una nuova civiltà dei volti, delle storie, delle comunità.

Su come farlo il Papa è stato chiaro invitandoci a usare uno strumento potentissimo, quello dell’ascolto che è alla base di un dialogo fecondo con la comunità civile e con le istituzioni politiche perché, illuminandoci a vicenda e liberandoci dalle scorie dell’ideologia, possiamo avviare una riflessione comune in special modo sui temi legati alla vita umana e alla dignità della persona per una democrazia dal cuore risanato capace di ascoltare e interpretare i bisogni, rispondere in modo sartoriale e promozionale, chiamare al coinvolgimento personale e comunitario e sognare il futuro senza paura.

Bisogna ripartire dalla persona e dalla comunità: dalla dignità non negoziabile della persona e dalla vitalità della comunità.

Attorno a queste due ‘stelle’ a cui guardare in questa difficile navigazione, tanto il nostro Presidente Mattarella – in un intervento alto e nel senso migliore ‘magistrale’ – quanto il Card. Zuppi hanno costruito una mappa di orientamento offerta a tutti, credenti e non credenti o diversamente credenti.

La prima ‘chiave di lettura’ di questo convenire a Trieste, città-simbolo del dialogo e delle differenze, degli intrecci e delle connessioni, è proprio questa: ai cattolici è chiesto di raccogliersi attorno a un nuovo alfabeto della democrazia per contrastare quello che il Presidente Mattarella ha chiamato analfabetismo democratico.

Le parole fondamentali di questo alfabeto democratico sono:

Pace, sviluppo sostenibile, lavoro dignitoso, inclusione, diritti sociali e personali, libertà, partecipazione.

È questo il vocabolario essenziale da ritrovare, i mattoni per costruire l’edificio democratico di cui tutti siamo chiamati ad essere architetti e artigiani, ideatori e costruttori.

Perché ci vuole tecnica ma anche immaginazione, competenza ma anche passione.