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Costruttori di Bene Comune

di Lidia Borzì

Spesso non si vede, ma c’è un’Italia di “costruttori del Bene Comune” che continua a crescere e che durante la recente emergenza sanitaria ha mostrato tutta la sua intraprendenza e la straordinarietà di una variegata galassia di servizi che normalmente contribuiscono a sostenere la comunità e che durante il lockdown hanno messo in campo un supplemento di responsabilità, prendendosi cura delle tante persone in grande difficoltà economica e sociale, fornendo prontamente risposte ai bisogni materiali e permettendo a tante persone di essere meno sole ed emarginate.

Stiamo parlando del Terzo Settore, che oltre a costruire coesione sociale, portando una plusvalenza di “beni relazionali” con annessi valori etici e sociali, contribuisce in maniera significativa al tessuto economico locale e nazionale.

Che si tratti di associazioni di promozione sociale, cooperative o Fondazioni, che riguardi l’assistenza sociale o sanitaria, il sostegno agli indigenti o l’ accoglienza, lo sport e la ricreazione o la cultura, che siano iniziative ecclesiastiche o laiche, di volontariato qualificato o di impresa sociale, in Italia il Terzo Settore equivale al 9% delle imprese, conta 350mila istituzioni attive con 845mila dipendenti e produce un fatturato di 67 miliardi di euro, pari al 4,3% del Pil, superiore all’intero settore della moda made in Italy.

Più di qualcuno vorrebbe rilegarlo a mero fornitore della Pubblica Amministrazione, ma è molto – molto di più, e le ACLI di Roma, insieme a tantissime organizzazioni sociali, lo testimoniano quotidianamente: incontrando e accogliendo le persone – con le loro storie e le loro fragilità rendendole protagoniste e non solo beneficiarie di servizi – ascoltando i bisogni e cercando di trovare le soluzioni su misura per ciascuno al fine di aiutarle a uscire fuori dal labirinto di una quotidianità sempre più problematica.

Resta il fatto che purtroppo questi numeri sono al netto dei catastrofici effetti della pandemia sulla situazione economica e occupazionale, che non ha salvato neppure le imprese e le organizzazioni no profit.

Un doppio allarme lanciato anche dal presidente della Camera di Commercio di Roma, Lorenzo Tagliavanti durante il web talk in diretta Facebook promosso dalle ACLI di Roma intitolato “Dal Covid-19 alla crisi sociale ed economica: piste di impegno oltre le emergenze”.

Nel suo intervento ha sottolineato la crisi delle imprese profit, rilevando che delle 500mila imprese attive nella capitale, il 10% potrebbe non riaprire. Secondo un’indagine che la Camera di Commercio sta portando avanti con alcuni rappresentanti del Sistema bancario per capire l’impatto della pandemia sul mondo no profit e in particolare su chi si occupa di solidarietà di prossimità, c’è un forte rischio di default anche per il Terzo Settore, parliamo di circa 3mila imprese sociali nella capitale, di cui la metà di ispirazione religiosa, con 6/7 mila dipendenti con una grave ricaduta sia sociale che economica.

Sicuramente l’esperienza vissuta negli ultimi mesi ha dimostrato che il Terzo Settore ha un ruolo fondamentale, ma è tempo di un riconoscimento pieno della sua valenza, perché la spina dorsale del Paese è fatta non solo di piccoli e grandi comuni, di città metropolitane e di regioni, ma anche di società civile organizzata e di cittadini che vogliono impegnarsi, come un corpo indivisibile fatto di membra diverse, che hanno bisogno l’una dell’altra, anche quando non sembra evidente, per garantire salute ed efficienza al corpo intero e a ciascuna parte.

Fuor di metafora, questa immagine ha un nome preciso: sussidiarietà, ed è anche enunciata nell’articolo 2 della nostra Costituzione: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».

Per una sussidiarietà pienamente agita, che deve essere il vero valore aggiunto della Politica, occorre recuperare il senso della corresponsabilità perché la crescente vulnerabilità e la prospettiva di uno sviluppo diverso, ossia più inclusivo, richiedono l’impegno per una più autentica interdipendenza, una nuova ecologia capace di alimentare contemporaneamente inclusione e competitività.

E se il dramma dell’emergenza sanitaria ci ha fatto riscoprire, in buona parte, questa naturale propensione a cooperare, attraverso la valorizzazione della rete, come è stato fatto nella Capitale tra un cospicuo cartello di organizzazioni sociali tra cui le ACLI di Roma, ora dobbiamo capitalizzare questa alchimia e riconoscere i semi di rinnovate Istituzioni, imprese, reti sperimentali che intorno ad una ritrovata coscienza hanno messo in campo le proprie risorse e competenze.

Nel solco di questo desiderio di dare risposte oltre l’emergenza e di sviluppare reti, rispondendo all’invito del nostro vescovo di Roma Papa Francesco e del cardinale vicario Angelo De Donatis, abbiamo subito aderito alla chiamata per un’Alleanza per Roma, presentata in concomitanza con il “Fondo Gesù Divino Lavoratore”, ulteriore passo di una Chiesa concretamente in uscita, pensato per sostenere chi è in gravi difficoltà economiche a causa del lockdown e al quale contribuiscono anche la Regione Lazio e Roma Capitale.

Questo strumento si muove sul doppio binario di visione e concretezza, un binomio che da tempo orienta anche l’impegno delle ACLI di Roma.

Una iniziativa che si prefigge di andare ben oltre la mera erogazione di sussidi economici e di servizi, puntando a prendere in carico le persone a tutto tondo e «restituire dignità a coloro che sono caduti nello scoraggiamento e pensano di non farcela», come ha detto il cardinal De Donatis.

Attraverso l’Alleanza, si vuole contribuire alla visione, che sposiamo in pieno, di una città più inclusiva e solidale alla quale tutti dobbiamo contribuire stringendo le maglie della rete di protezione sociale per non permettere a nessuno di cadere nel baratro della solitudine e dell’emarginazione.

In questa prospettiva, le ACLI di Roma hanno messo a disposizione in maniera dedicata gli sportelli gratuiti del Patronato ACLI per l’esigibilità dei diritti, attraverso i quali molte persone possono accedere ad agevolazioni e misure di sostegno che non conoscono, e i corner job nati con il Cantiere ‘Generiamo lavoro’, attraverso i quali, in un momento di grave crisi, le ACLI di Roma vogliono contribuire con strumenti concreti a restituire dignità al lavoro, in particolare delle nuove generazioni.

Una collaborazione che si inserisce nell’alveo di un impegno quotidiano al fianco della Caritas e di tutta la Diocesi di Roma, sul fronte della promozione del lavoro dignitoso, dell’esigibilità dei diritti, delle risposte ai bisogni primari e del contrasto alla povertà educativa.

C’è bisogno di tutti e di ciascuno, tanto più in questa fase di ripartenza, per ridisegnare un nuovo welfare comunitario che sia volano di una ripresa che non è solo economica, sociale e occupazionale, ma è soprattutto umana.

Quella che ci farà uscire veramente dal tunnel della pandemia meglio di come siamo entrati e con il desiderio di remare tutti dalla stessa parte mentre stiamo sulla stessa barca.